Volontà e meditazione

Il rapporto fra volontà e meditazione è almeno duplice: per meditare bene serve la volontà e meditando possiamo sviluppare la volontà.
Paramahansa Yogananda (La legge del successo, SRF, 1993, p. 12) dice che “la mente è l’artefice di tutte le cose (…) dovete indurla a creare soltanto il bene.
Se, con tutta la forza della volontà dinamica, vi concentrerete su un determinato pensiero, alla fine lo vedrete prendere una tangibile forma esteriore.
Quando riuscirete a servirvi della volontà esclusivamente per scopi costruttivi diverrete padroni del vostro destino”.
Occorre però distinguere tra momenti di silenzio e meditazione: ciò che molti chiamano “meditazione” è in realtà un benefico esercizio di rilassamento.
Un’altra doverosa distinzione va fatta tra il fenomeno chiamato mindfulness, il protocollo fondato da Jon Kabat-Zinn e la meditazione propriamente detta.
La mindfulness è certamente un ottimo metodo anti-stress che consente di ridurre i danni che derivano da uno stile di vita errato.
La meditazione propriamente detta è invece una delle pratiche fondamentali del percorso transpersonale o spirituale.
Ci sono tantissime diverse scuole di meditazione e altrettanti metodi e tecniche che possono essere utilizzati per meditare con profitto.
Anche i manuali possono essere utili, tuttavia sarebbe meglio poter beneficiare di un maestro o di un insegnante che ha la necessaria esperienza.
Il primo passo per utilizzare propriamente la volontà in meditazione consiste nel creare uno spazio-tempo quotidiano protetto, anche di soli 15 minuti al giorno.
Volontà, respiro, atteggiamento e postura sono tra i nuclei fondamentali per una buona pratica di meditazione.
L’utilizzo della volontà è necessario per mantenere l’attenzione sui simboli e per mantenere la coscienza in uno stato di calma e di presenza.
La buona pratica meditativa agisce anche a livello delle credenze, delle percezioni e delle interpretazioni che abbiamo di noi stessi e del mondo.